di Gigi Cavalli
Quel che resta della casa della Maestra
Quando anche i muri sono intrisi di belle storie
È Luciano a dirmi: “Metti la freccia che ti faccio vedere una cosa”. La stradina sterrata mi conduce a quel che rimane di un borghetto in pietra, oggi in totale abbandono. Sul portale di una casa c’è scolpita la data: 1805, Penso ad allora, un bel salto nel tempo. Fino a cinquant’anni fa erano le case contadine della famiglia Costella e la scuola elementare del paese o meglio, ad uso delle quattro frazioni limitrofe.
C’è sempre qualcosa di saggio in quello che dice Luciano. Appoggiato al lavatoio della piazzetta inizia a raccontarmi di quella famiglia emigrata oltreoceano in cerca di fortuna intorno al 1890: 40 giorni di bastimento, giorni difficili, senza conoscere la lingua e con qualche centesimo nella tasca dell'unico vestito "dalla festa".
Tornati al loro paese d’origine nel 1914, lasciando definitivamente New York, lì investiranno i risparmi acquistando diversi ettari di terreno, stalla e fienile e qualche casa. Una di queste diventerà poi la futura scuola.
L’edificio scolastico è diviso in due parti, una era adibita all’insegnamento, l’altra ad abitazione.
Una stanza era adibita a una pluriclasse di una quarantina di alunni che mediamente facevano 4 o 5 chilometri a piedi per raggiungere la scuola, dal 1 ottobre a metà giugno: sussidiario in una mano e un pezzo di legno nell’altra. Uno serviva a studiare, l’altro a scaldarsi.
Una delle due porte d’ingresso, quella più usurata dai segni del tempo, conduce a una stanza senza tetto: “Era la casa della Maestra, sai, quando venivano da lontano ad insegnare abitavano lì”. Dalla soglia s’intravedono ancora le pareti azzurre, le finestre senza vetri e quel che resta dei ferri del vecchio letto.
Dai particolari non ancora inghiottiti dal tempo si percepisce com’era allora quella scuola elementare: banchi di legno con il calamaio, la lavagna con il gesso e la cattedra con alle spalle la cartina geografica. Poi immagino i bambini con il grembiule nero che ridevano e si rincorrevano durante la ricreazione, magari sotto gli occhi vigili della “Signora Maestra”, dritta in piedi ed elegantemente composta nel suo cappotto scuro, pronta a suonare la campanella per il rientro in classe.